Flat Tax 2019: cosa prevede?
In molti si stanno chiedendo cos’è la Flat Tax, cosa prevede e quando dovrebbe diventare operativa. Ad oggi il provvedimento è ancora in sede di discussione, per lo più mediatica e parlamentare. Per questo non si può certamente parlare ancora di entrata in vigore e di date certe in cui il provvedimento sarà operativo. Ciò che è noto, tuttavia, è il meccanismo di funzionamento e i punti cardine. Tra questi vi è a volontà di rimpatriare i pensionati espatriati con incentivi vantaggiosi, nonché il passaggio da cinque a due aliquote Irpef.
Un dibattito aperto
Il dibattito sulla Flat Tax è più acceso che mai. Questo soprattutto dopo lo studio del MEF che avrebbe quantificato il costo della riforma fiscale voluta dalla Lega, pari a sessanta miliardi. Lo stesso Tria, tuttavia, ha smentito fortemente lo studio spiegando che il costo della riforma fiscale sarebbe nettamente inferiore.
In ogni caso il partito propone di inserire due aliquote fisse. Una al 15% e al 20% e che varrebbero praticamente per quasi tutti i soggetti fiscali: persone fisiche, partite IVA, imprese e famiglie. La manovra finanziaria ha già introdotto un’aliquota del 15% (e del 20% a partire dal 2020) per i lavoratori autonomi con ricavi entro 65 mila euro. Ma su dipendenti e famiglie il dibattito resta fermo dov’è: al confronto tra i due partiti di maggioranza che non cedono di un paso rispetto alle proprie posizioni.
Il Carroccio vorrebbe che l’imposta fosse commisurata in base alle esigenze familiari applicando quindi un’aliquota del 15% ai redditi da nucleo fino a cinquantamila euro. Questa manovra, tuttavia, eliminerebbe tutti i bonus, le detrazioni e le dedizioni che saranno quantificate rispetto al reddito e al numero di figli a carico. I redditi superiori ai cinquantamila euro sarebbero sottoposti all’aliquota del 20%. Il Movimento, contrario alla proposta del Carroccio, vorrebbe scaglionare la tassa in tre aree allargando la “no tax area” fino ai redditi non superiori ai 9360 euro. Il primo scaglione sarebbe quello con redditi fino a 25 mila euro con aliquota tra 24% e 25%. Per i redditi da 25 mila a 100 mila euro l’aliquota salirebbe al 38% mentre al di sopra dei 100 mila euro l’aliquota sarebbe pari al 43%.
L’attuale situazione Irpef
Si tratta di posizioni molto distanti tra loro e per le quali l’intesa è ancora molto lontana. Oggi la legge prevede l’esistenza di cinque aliquote Irpef che riguarda altrettanti scaglioni di contribuenti. Il primo riguarda le persone con reddito che va da zero a quindicimila euro all’anno. Per loro l’aliquota è del 23% e corrisponde al massimo a 3450 euro. Il secondo scaglione comprende redditi che vanno da 15 mila a 28 mila euro e che pagano un’aliquota del 27% con una tassazione massima di 6960 euro. In questa fascia si collocano le persone che percepiscono meno di 2300 euro.
Il terzo va dai 28 mila ai 55 mila euro l’anno per i quali l’aliquota Irpef è pari a 38% per la quota di reddito che supera in eccedenza. Il quarto riguarda i redditi dai cinquantamila ai 75 mila euro la cui quota irpef è pari al 41%, con un tetto massimo di 25.000 euro di contribuzione. Infine per chi ha un reddito superiore ai 75 mila euro l’aliquota è pari al 43% e la contribuzione massima supera i 25 mila euro con una ulteriore tassazione del 43% sul reddito eccedente.
Cosa vuole introdurre la flat tax per i pensionati?
Per evitare che i pensionati vadano all’estero dove ci sono condizioni fiscali più vantaggiose la manovra vuole fissare una flat tax al 7% per i pensionati residenti all’estero da almeno cinque anni che scelgono di tornare in Italia stabilendo la residenza in comuni con abitanti inferiori a ventimila e che siano situati in Sicilia, Calabria, Sardegna, Campania, Basilicata, Puglia, Molise e Abruzzo.